Il 24 gennaio 2021 sono state pubblicate le tre rassegne della giurisprudenza di legittimità - civile e penale - della Suprema Corte di Cassazione relative all'anno 2020 disponibili direttamente sulla home page del sito:www.cortedicassazione.it.
La rassegna di giurisprudenza civile si articola su oltre 1.900 pagine, suddivise come segue:
1)- principi di diritto sostanziale (suddivisa in tre parti relative ai diritti fondamentali della persona, ai diritti a contenuto economico e alle obbligazioni, contratti e responsabilità);
2)- principi di diritto sostanziale ( suddivisa in tre parti, relative a: impresa e mercato, diritto del lavoro e della previdenza, rapporti con i pubblici poteri);
3)- principi di diritto processuale ( civile).
NB: nel sito web della cassazione, a cura dell'ufficio massimario, sono pubblicate ogni mese le rassegne contenenti le novità più rilevanti della giurisprudenza civile, penale, tributaria e del lavoro, sia riferite alle sezioni unite che alle sezioni semplici.
Rispondiamo ad uno dei quesiti che in questi giorni in tanti ci hanno posto: per usufruire del c.d. Superbonus si deve necessariamente essere proprietari dell’immobile su cui si effettuano i lavori?
La recente Circolare dell’Agenzia dell’Entrate (n.24/E,8.8.2020) ha fatto chiarezza sul tema, precisando che sono ammessi a fruire della detrazione fiscale relativa alle spese edili sostenute tra il 1 luglio 2020 e il 31 dicembre 2021, per le lavorazioni rientranti del Superbonus, non solo i proprietari di immobili, ma anche i parenti entro il entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado e i conviventi di fatto ai sensi della Legge 20 maggio 2016, n. 76.
I soggetti così individuati ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR potranno portare in detrazione le spese sostenute a condizione che:
- siano conviventi con il titolare o possessore dell’immobile oggetto dell’intervento (alla data di inizio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese da detrarre);
- le spese siano state sostenute per interventi su un immobile a disposizione del titolare o del soggetto che beneficia della detrazione. Per essere più chiari: non potranno esser portate in detrazione le spese sostenute per interventi su un immobile locato o concesso in comodato a terzi.
Per poter usufruire del Superbonus i soggetti sopra indicati non dovranno aver sottoscritto un contratto di comodato con il titolare dell’immobile, ma basterà attestare, con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere parenti entro il terzo grado o affini entro il secondo o conviventi di fatto con il proprietario dell’immobile.
Due pennelli nello zainetto sono sufficienti a legittimare il licenziamento per “furto in azienda”: Cass., Sez. lav., sentenza n. 11005/2020
Attraverso dei controlli a campione eseguiti al termine del turno di lavoro, venivano rivenuti nello zainetto di un dipendente due pennelli di provenienza aziendale. La società decideva per il licenziamento e il caso giungeva sino all’esame della Corte di Cassazione che lo ha recentemente definito con la sentenza n. n. 11005/20 del 9 giugno.
Il lavoratore si difendeva contestando l’applicazione della fattispecie di furto in azienda, atteso l’esiguo valore dei beni rinvenuti nello zainetto ed evidenziando come fosse, piuttosto, ravvisabile l’appropriazione di res nullius.
La Cassazione ha, invece, ritenuto che l’indebita appropriazione, seppur di lieve entità, fosse sufficiente a far venir meno il rapporto fiduciario, inteso quale “possibilità di affidamento del datore di lavoro nell’esatto adempimento delle prestazioni future.”
I Giudici di Cassazione hanno, dunque, ravvisato l'impossibilità di inquadrare il fatto nella fattispecie di appropriazione di res nullius (appartenendo i pennelli all'azienda) ed hanno confermato il furto in azienda e di conseguenza la proporzionalità del licenziamento.
Il divano nuovo viene consegnato di una sfumatura differente? Per la Cassazione non è possibile risolvere il contratto.
È questo il caso sottoposto dapprima al Giudice di Pace di Milano e giunto poi sino alla Corte di Cassazione che l'ha definito recentemente con ordinanza del 3 giugno 2020 n. 10456.
Il compratore aveva ricevuto ed accettato un divano di un verde differente rispetto a quello ordinato, nonché di un tessuto differente: moquette anziché velluto.
In prima battuta, il Giudice di Pace di Milano aveva dichiarato la risoluzione del contratto per vizio della cosa, sposando la tesi del consumatore.
La pronuncia veniva però appellata dalla ditta venditrice e il Tribunale di Milano ribaltava la sentenza, osservando che: "la differenza tra il tessuto ordinato, il velluto, e quello con cui è stato realizzato il divano, la moquette, è stata accettata dall’acquirente. Quanto alla differenza di tonalità tra il colore richiesto, il verde smeraldo, e quello realizzato, colore verde marcio, si tratta di elemento non essenziale nell’economia del contratto, in quanto è emerso dall’istruttoria che il compratore non aveva espressamente richiesto che il colore fosse intonato alla tonalità della mobilia." Inoltre, nel secondo grado di giudizio veniva posto l'accento sulla mancata contestazione, da parte dell'acquirente in sede di consegna, della non conformità del bene a quello ordinato. Le difformità, infatti, secondo il Tribunale di Milano erano tutte facilmente rilevabili e, pertanto, non essendo occulte, l'acquirente avrebbe, già in sede di consegna, dovuto non accettare il bene e chiederne la sostituzione.
Al contrario, il consumatore aveva inviato un fax, nei giorni immediatamente successivi alla consegna del bene, con i propri dati di fatturazione.
Il caso giungeva così innanzi alla Corte di Cassazione, dove il compratore, soccombente nel secondo grado di giudizio, insisteva affinché fosse dichiarata la risoluzione contrattuale, trattandosi a suo dire di una ipotesi di vendita aliud pro alio.
Per i Giudici di Cassazione al caso di specie non era applicabile la fattispecie di vendita aliud pro alio (che si ha quando si riceve un prodotto completamente diverso da quello acquistato, perché appartenente ad un genere differente oppure perché riportante vizi e difetti di gravità tale da impedirne l'uso nella sua naturale funzione), ma più semplicemente ravvisavano un difetto di conformità.
“La consegna di un divano dello stesso colore ma di tonalità diversa da quella pattuita non costituisce un vizio tale da impedire l’utilizzo del bene secondo la sua destinazione.”
La Cassazione chiariva che dal difetto di conformità deriva il diritto del consumatore a chiedere, in via alternativa, il ripristino della conformità del bene mediante riparazione/sostituzione o la riduzione adeguata del prezzo o la risoluzione del contratto. Quest’ultima, però, (come anche i rimedi di riparazione/sostituzione) può esser richiesta solo se non eccessivamente onerosa.
Dunque secondo la Cassazione, l’unico rimedio esperibile nel caso di specie era la riduzione del prezzo, ma tale domanda non era stata riproposta nel giudizio di appello e pertanto si è intesa come rinunciata, con condanna del consumatore alla refusione delle spese di lite.